
L’abusivismo edilizio è una delle criticità più delicate nel mondo dell’edilizia: può emergere in seguito a lavori non autorizzati, a variazioni non comunicate allo sportello unico, o persino come vecchi interventi che restano “nascosti” negli archivi.
Identificarlo in tempo e sapere come affrontarlo è essenziale per chi compra, vende o ristruttura: una gestione corretta evita sanzioni, blocchi dei lavori e sorprese al rogito.
Spesso l’indicazione iniziale arriva dal confronto tra la documentazione e lo stato reale dell’immobile.
Un sopralluogo tecnico che metta a confronto planimetria catastale, progetto approvato e lo stato dei luoghi è il primo strumento di indagine: muri interni spostati, ampliamenti non riportati, modifiche agli accessi o alla destinazione d’uso sono segnali chiari.
Anche la mancanza di titoli abilitativi (permesso di costruire, SCIA, CILA) rispetto a interventi visibili è un campanello d’allarme.
Per approfondire la natura e l’estensione dell’abuso è necessario raccogliere gli atti ufficiali presso l’ufficio tecnico comunale e le visure catastali.
Non tutti gli abusi sono uguali: si passa dalle irregolarità formali (piccole difformità in planimetria) alle violazioni sostanziali (ampliamenti volumetrici, modifiche della destinazione d’uso, opere in area vincolata).
La legge prevede che alcune irregolarità possano essere sanate se rispettano il principio della “doppia conformità: ossia la compatibilità sia con le norme vigenti al momento della realizzazione sia con quelle in vigore al momento della richiesta di sanatoria. Mentre altri interventi, soprattutto se in contrasto con norme di tutela paesaggistica o con vincoli più restrittivi, possono risultare non sanabili.
La prima domanda da porsi è: l’intervento è sanabile?
Se la risposta è sì, lo strumento comune è l’accertamento di conformità previsto dall’art. 36 del D.P.R. 380/2001, che consente la regolarizzazione formale a fronte dell’accertamento tecnico e del pagamento di eventuali contributi o oblazioni; l’ufficio comunale ha termini per l’istruttoria e deve valutare la conformità tecnica dell’opera.
Se invece l’intervento è incompatibile con le norme o con vincoli, le opzioni possono ridursi alla rimozione dell’opera, alla sua modifica o, nei casi più gravi, all’ordine di demolizione con le conseguenti sanzioni.
Le tempistiche variano molto: una pratica di accertamento di conformità ben documentata può essere conclusa in alcuni mesi, mentre procedure che richiedono sanatorie più articolate o pareri da enti esterni (Soprintendenze, autorità paesaggistiche) possono allungarsi.
I costi includono onorari tecnici per sopralluogo e pratica, l’eventuale contributo di costruzione maggiorato o l’oblazione prevista dalla normativa, oltre al rischio di sanzioni pecuniarie o ordini di demolizione qualora la regolarizzazione non sia possibile.
In alcuni casi la pubblica amministrazione può esercitare poteri anche a distanza di molti anni: gli abusi non sempre prescrivono e la Pubblica Amministrazione può intervenire quando ritiene necessario.
Quando l’abuso è tale da non poter essere sanato, vedi ad esempio per gravi violazioni paesaggistiche o ampliamenti che creano nuovi organismi edilizi incompatibili, le alternative sono tecniche e legali: dialogo con l’ente per possibili soluzioni progettuali, modifica e rimozione parziale delle opere, o avvio di contenzioso se ritieni che l’atto amministrativo sia ingiusto.
È fondamentale, fin da subito, ottenere consulenza tecnica e legale per valutare rischi e strategie. Recenti interventi normativi (es. modifiche legate ai decreti nazionali) possono aver aggiornato procedure e requisiti, perciò è importante basarsi su fonte normativa aggiornata e sulle prassi locali.
Il percorso suggerito per chi scopre un abuso è sistematico: prima raccogliere tutta la documentazione utile (atto di provenienza, progetti, visure catastali), poi incaricare un tecnico per sopralluogo e relazione, infine confrontarsi con l’ufficio tecnico comunale per verificare la strada amministrativa percorribile.
Nei casi di compravendita, valorizza la situazione contrattualmente stabilendo chi si farà carico della regolarizzazione, e considera la perizia tecnica come elemento di tutela nelle trattative.
L’abusivismo edilizio richiede un approccio pragmatico e informato: non è raro che situazioni sanabili possano essere risolte con tempistiche ragionevoli, mentre altre richiedano valutazioni più complesse.
Affidarsi a professionisti che conoscono la normativa e le prassi locali minimizza i rischi e chiarisce i costi reali dell’intervento.
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